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Contratti di lavoro: facciamo chiarezza

Quando riceviamo una proposta di lavoro, una delle questioni principali da valutare riguarda il tipo di contratto che ci viene proposto: praticamente tutti sappiamo a cosa si riferiscono le voci “Contratto a tempo indeterminato” e “Contratto a tempo determinato”, ma se ci troviamo di fronte all’indicazione “Contratto di lavoro a chiamata”, sappiamo valutare se sia in grado di soddisfare pienamente le nostre necessità? Vediamo di fare chiarezza.

Il contratto di lavoro intermittente o lavoro a chiamata: definizione

Si usa la formula “Contratto di lavoro intermittente” per quei contratti di lavoro, che prevedono che il lavoratore si metta a disposizione di un determinato datore di lavoro, il quale potrà avvalersene in base alle proprie necessità, ossia per l’appunto “a chiamata”, ovviamente nel rispetto di un periodo minimo di preavviso, indicato all’interno del contratto stesso e nel rispetto delle indicazioni sindacali in tal senso.

Lavoro a chiamata: è regolare?

Sì, la tipologia del contratto di lavoro intermittente è prevista dalla normativa italiana ed è precisamente disciplinata dagli articoli 33-40 del decreto legge n. 276/2003; le prime interpretazioni applicative relative a questa forma contrattuale sono state emanate dall’allora Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con Circolare n. 4 del 2 febbraio 2005.

Lavoro intermittente: come funziona

Il contratto di lavoro a chiamata si inquadra come un vero e proprio lavoro dipendente: pertanto esso può avere sia una durata a tempo determinato, relativa al periodo necessario allo svolgimento di particolari progetti, sia a tempo indeterminato, fermo restando la sua afferenza allo svolgimento di prestazioni d’opera a carattere discontinuo. 

Lavoro a chiamata: le peculiarità

Rispetto ad un contratto di somministrazione di lavoro a tempo determinato ed al part-time verticale, il contratto di lavoro intermittente presenta alcune peculiarità: rispetto al primo, l’accordo viene stipulato direttamente con il lavoratore e non con la società che gestisce la somministrazione; a differenza del secondo la collocazione temporale della prestazione lavorativa non è esattamente individuata, pur caratterizzandosi per la sua discontinuità.

Tipologie di contratto di lavoro a chiamata

All’interno della più ampia tipologia dei contratti di lavoro intermittente è possibile individuare due sottocategorie, in relazione all’obbligo di rispondere alla chiamata: nel primo caso se il lavoratore è obbligato a rimanere a disposizione dell’azienda proponente si parla di contratto di lavoro intermittente con garanzia di disponibilità, in base alla quale il lavoratore ha diritto all’indennità durante tutto il periodo di reperibilità; nel secondo caso, qualora il lavoratore non sia obbligato a rispondere alla chiamata, si ha invece il contratto di lavoro intermittente senza garanzia di disponibilità, che non prevede quindi alcuna indennità nel periodo in cui il lavoratore non è direttamente impegnato nella mansione affidatagli.

Quando si applica

Il contratto di lavoro a chiamata è limitato esclusivamente a dei casi eccezionali:

  1. Per periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno, ovvero per lo svolgimento di prestazioni a carattere discontinuo, secondo le esigenze precedentemente individuate dai contratti collettivi;
  2. Con soggetti di più di 55 anni di età, anche qualora godano di pensione, ovvero con età inferiore ai 24 anni;
  3. In base alle attività elencate nella tabella approvata con il Regio Decreto n. 2657 del lontano 1923, richiamato dal decreto ministeriale del 23 ottobre 2004 (reperibile online).

Non è consentito ricorrere al contratto di lavoro a chiamata per sostituire lavoratori in sciopero, in caso di licenziamento collettivo avvenuto nei 6 mesi precedenti che abbia coinvolto lavoratori adibiti alle medesime mansioni per le quali si vorrebbe ricorrere a questa tipologia contrattuale, qualora siano in atto sospensioni dei rapporti di lavoro con dipendenti impegnati nelle stesse mansioni previste dal contratto di lavoro intermittente ovvero una loro riduzione dell’orario di lavoro con diritto al trattamento di integrazione salariale. Infine, esclude la possibilità di avvalersi di questa forma contrattuale la mancata redazione della valutazione dei rischi, prevista dalla legge vigente in materia di sicurezza nei posti di lavoro.

Trattamento contributivo e fiscale

Il datore di lavoro è tenuto a versare i contributi, oltre che sull’importo della retribuzione corrisposta, sull’effettivo ammontare della indennità di disponibilità, anche in deroga alla vigente normativa in materia di minimale contributivo. Ai fini previdenziali, il lavoratore può riscattare i periodi di “non lavoro” versando le differenze contributive rispetto alla retribuzione “convenzionale”. Così come per i periodi coperti da contribuzione obbligatoria in cui abbia percepito una retribuzione ovvero abbia beneficiato dell’indennità di disponibilità, il lavoratore assunto con contratto di lavoro intermittente può, a domanda, versare la contribuzione.

Ulteriori informazioni relative al numero di chiamate possibili, l’ammontare della retribuzione, la presenza o meno dell’indennità nei periodi di reperibilità vengono fornite direttamente in rapporto alle notizie offerte lavoro, cui ci si candida.

 

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